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  • Ufficio Stampa

Un caffè con... presentato il libro con gli incontri "vip" al Faro Rosso

Un caffè con… una redazione giornalistica per credere in se stessi.

Cosa c’è di più bello che incontrare gli altri, e nello scambio di un dialogo ritrovare se stessi? Questo è il cuore di Un caffè con… progetto di inclusione sociale che ha come protagonisti persone adulte con disabilità. Una disabilità connatale e acquisita in seguito a malattie invalidanti, incidenti, traumi che hanno determinato deficit neuromotori, intellettivi, psichici. Ma che non hanno tolto la voglia di impegnarsi e di partecipare alla vita comunitaria. Un progetto che ha preso forma in un libretto, una delle "Graffette" edite dalla coop sociale Officine Gutenberg, che ha raccolto gli articoli già usciti separatamente su Piacenzasera.it: i testi sono stati curati da Chiara Ferrari e le illustrazioni da Giovanni Freghieri. La presentazione del volumetto si è tenuta alla libreria Coop del centro commerciale Gotico di Piacenza (nelle foto): dopo l'introduzione di Paolo Boledi di Coopselios, la curatrice della "Graffetta" Chiara Ferrari ha coinvolto la redazione del Faro Rosso e alcuni dei "vip" piacentini intervistati. Il libretto è acquistabile presso la libreria Coop o richiedendolo a Coopselios.

L'INTRODUZIONE Questa storia va in scena presso il Centro Diurno Faro Rosso di Ca’ Torricelle, località alle porte di Piacenza. Un grande palazzo antico di nobili architetture circondato da un immenso parco. Faro Rosso è gestito dal 2013 dalla Cooperativa Sociale Coopselios. Sono già più di due anni, dall’ inizio del novembre 2014, che un creativo staff di educatori ha messo in piedi una vera e propria redazione giornalistica composta dagli ospiti del centro diurno. I referenti sono Anna Rufolo e Mariagrazia Cristalli, con compiti di monitoraggio dell’attività, documentazione, relazione e restituzione al gruppo di lavoro. Lo scopo è quello di realizzare interviste a personaggi del piacentino che si siano distinti nei vari settori dello sport, della cultura, della politica, dell’arte. In tanti sono passati al vaglio della redazione, che ha scelto i candidati, setacciato informazioni, inventato domande. Nel team qualcuno si è rivelato un esperto navigatore di internet, scovando biografie online, materiali audio, video che sono stati oggetto di discussione e confronto. C’è chi è diventato abile nella scrittura al computer, chi ha preso parte attivamente al brainstorming, selezionando le migliori domande. Chi ha dato un ordine alla scaletta dei quesisti. Chi ha vinto la timidezza e ha posto domande. Chi si è interessato a questioni sociali di carattere pubblico e collettivo: alcune interviste trattano temi di rilievo come lo sport e il doping, la disabilità e il destino umano, le canzoni e l’arte come linguaggi per parlare dei problemi sociali, la voglia di farcela nonostante tutto. Ma c’è anche chi si è occupato delle questioni più personali e private, la curiosità di sapere se un artista sia sposato oppure no. E poi c’è chi, durante le interviste, si è attenuto alle domande prestabilite e chi si è lasciato prendere dalla conversazione e di domande ne ha inventate altre sul momento, spontanee, frutto di un incontro vissuto, partecipato, vero. C’è chi ha coordinato gli interventi, perché ciascuno avesse il suo turno di parola. Perché l’equilibrio e il rispetto per la partecipazione di tutti sono al primo posto. C’è chi ha riflettuto su quanto emerso e ha scritto di suo pugno dei pensieri, che poi, nel confronto, sono diventati il pensiero condiviso. Perché l’importante è sentirsi parte di un gruppo che si impegna per ottenere il migliore dei risultati: essere tutti protagonisti. Stefano, Fabrizio, Irma, Annalisa, Angela, Marzia, Marco, Sebastiano. Le persone che hanno scelto di partecipare hanno tutte una storia in comune: differenti vicissitudini personali li hanno portati a una situazione non solo di immobilità fisica, ma spesso anche emozionale. Occorreva una scintilla che accendesse l’interesse verso le cose del mondo. L’intervista a personaggi affermati nella comunità e nei rispettivi ambiti lavorativi, ha rappresentato una finestra sul passato e un’apertura nel “presente”. L’emozionante viaggio a ritroso nella vita di un’altra persona ha riattivato ricordi personali, luoghi della memoria, immagini presenti ma dimenticate, che hanno scavato e riportato alla luce il racconto del sé. L’incontro con l’altro è diventato un modo per incontrare se stessi, le proprie paure, le passioni riemerse, i traumi da affrontare ogni volta. E vincere. Un’aula computer è l’ufficio che ha visto il team all’opera. La sala ristoro è lo spazio delle interviste che si è aperto per accogliere chi arrivava da fuori. Chi dal principio si è trovato spaesato. Perché non si è mai certi di avere tutte le risposte alle domande che verranno poste. Non si è mai davvero preparati ad incontrare l’altro. Soprattutto quando ci sono due mondi che vengono a toccarsi: il fuori e il dentro, il passato e il presente, la normalità e la diversità, la disabilità e l’abilità. Il confine, a volte, è solo un portone che si apre. Benvenuti a Faro Rosso.

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